sport calcio bambinoSì allo sport, ma senza stress
Un po’ di tempo fa, ho parlato di sport e di come questo abbia influenze positive sullo sviluppo psico-fisico del bambino. In questo numero, invece, vi parlerò della competitività sportiva…
…e vi spiegherò come questa, se acuita in tenera età, possa creare effetti contrari e ”collaterali” rispetto a quelli desiderati.
Sicuramente l’agonismo è un fattore sempre più presente in molti contesti della nostra vita e proprio perché viviamo all’interno di società in completa crisi, a livello sociale, economico, culturale e professionale, il continuo gareggiare/competere diventa una condizione necessaria.
Nonostante ciò, una competizione sfrenata o un confronto continuo ed eccessivo in ambito sportivo tra soggetti in età evolutiva, in particolare tra bambini piccoli, è controproducente.
Vediamo perché. Anzitutto richiedere costantemente prestazioni eccellenti ai nostri figli provoca stress e diminuzione del piacere nel praticare un determinato sport.
L’essere, poi, troppo assillanti, ogni volta che il bambino non raggiunge gli obiettivi stabiliti, non favorisce lo sviluppo di quei processi di maturazione, di autodisciplina
e di voglia di migliorarsi, anzi questi si inibiscono, creando nel fanciullo un sentimento di frustrazione.
Tra i quattro e i cinque anni di età, le discipline sportive vengono scelte e praticate non certo per dimostrare la propria bravura o la propria superiorità rispetto ai coetanei, ma essenzialmente perché piacciono o divertono o per la presenza di eventuali ”amici del cuore”.
Solo dai dodici ai quattordici anni, quando la struttura muscolare e scheletrica sarà più sviluppata, si potranno, allora, capire le reali predisposizioni e le potenzialità dei nostri bambini e solo in quel preciso momento si potranno effettuare delle scelte attente e ponderate.
Sgridare, quindi, il proprio bambino o urlare per il fatto che magari in una gara sportiva è arrivato ultimo o non primo (!!), provoca un abbassamento dell’autostima del bambino stesso, il quale non avendo più fiducia nelle proprie capacità e competenze, si rifiuterà di praticare quelle attività sportive e si allontanerà da tali discipline.
Se proprio ci teniamo e vogliamo che anche i più piccoli facciano del loro meglio, cerchiamo di non creare inutili ansie da prestazione, cerchiamo di non tormentarli con inutili frasi del tipo ”devi essere più bravo, più veloce, più aggressivo, più cattivo dei tuoi compagni… etc, etc”.
Ricordiamoci che sono piccoli e, pur svolgendo attività agonistiche, il successo non è per loro preponderante; inoltre, un’attività
sportiva agonistica dev’essere comunque vissuta come un momento piacevole, come un momento di svago, in cui il fanciullo può sfogarsi e decomprimersi dai doveri quotidiani. Non solo, ma dev’essere considerata come un simpatico modo per mettersi alla prova, per scoprire le proprie capacità, per conoscere meglio il proprio corpo e il proprio carattere.
Ricordiamoci: prima di tutto sono bambini e devono vivere lo sport, in modo giocoso e spontaneo senza avere lo stress del risultato; se poi, noi adulti, proprio non resistiamo alla tentazione di far sì che nostri figli siano ”i migliori”, limitiamoci, allora, ad infondere coraggio e fiducia, senza rimproverarli o colpevolizzarli. In sintesi: competizione sì, ma senza stress.