Le bugie rappresentano un momento fisiologico nello sviluppo cognitivo del bambino se non diventano uno stile di vita.
Prima o poi è capitato a tutti noi genitori di trovarci davanti al faccino innocente di nostro figlio che mente spudoratamente, a volte reagiamo collericamente, a volte sorridiamo dell’ingenuità che dimostra nel credere di ingannarci, altre volte ci interroghiamo sulla nostra capacità di trasmettere il valore della sincerità, della necessità di assumersi le responsabilità delle proprie azioni.
Ma da dove nasce la bugia? Alcuni studiosi fanno risalire la capacità di mentire, intesa come abilità di mostrare sentimenti non reali al fine di ottenere uno scopo, già ai primi mesi di vita quando pianto e sorriso sono funzionali al ricevere attenzione dall’adulto.
Le prime vere bugie compaiono dopo i due anni. A questa età il bambino mente per discolparsi, negando spesso l’evidenza. Questo tipo di bugia tende a scomparire fisiologicamente man mano che il bimbo, crescendo, acquista maggior fiducia in sè e diviene capace di assumersi le proprie responsabilità senza il timore che queste modifichino la stima che gli altri ripongono in lui.
Ci sono poi altri tipi di bugie. Generalmente i bambini in età prescolare non separano ancora nettamente la realtà dalla fantasia. Sono esseri appassionati che trasformano il “fare finta di…“ nell’essere, essendo in quella fase che Piaget chiama “pensiero magico” o “egocentrismo infantile”. Il bambino di questa età, dunque, spesso modifica la realtà senza esserne pienamente cosciente, essendo convinto egli stesso che le cose siano andate come se le è immaginate.
Le vere bugie, quelle dette con l’intenzione di ingannare, compaiono intorno ai cinque, sei anni. A quest’età possiamo distinguere due tipi di bugie: quella “utilitaristica” e quella “compensatoria”. Il primo tipo è la bugia che si dice per ottenere un vantaggio, per evitare un rimprovero, una punizione. Un classico è la bugia “scolastica” attuata per nascondere un insuccesso e non pagarne le conseguenze. La bugia compensatoria è quel tipo di bugia che il bambino utilizza per modificare la propria realtà: un gioco che non possiede, il progetto di un viaggio con i genitori che lo trascurano e così via. Da un punto di vista cognitivo la bugia rappresenta l’acquisizione della coscienza del sè interiore separato dagli altri, la consapevolezza che gli altri non possono leggere nei nostri pensieri.
Le bugie dei nostri figli possono insegnarci a vedere qualcosa del loro mondo interiore, possono essere interpretate un pò come i sogni svelandoci desideri e paure nascoste. Ma se la quantità di bugie è tale da configurare una sorta di fuga dalla realtà è il caso di interrogarci sulle motivazioni profonde che portano a questo comportamento che spesso rappresenta un sintomo di uno stato di disagio, una maniera per nascondere il proprio io per paura di non essere accettati per quel che si è, o la necessità di costruire una realtà più accettabile di quella che si sta vivendo.
Ma non è solo il bambino bugiardo che deve destare attenzione, ma anche quello che non mente mai, neanche quando sarebbe plausibile. Si tratta di un bambino che non ha ancora delimitato, in chiave psicologica, lo spazio tra sè e l’altro, un bambino che non ha ancora costruito il proprio spazio segreto interiore, ancora attaccato alla mamma e il papà. Infatti, come già detto, la bugia rappresenta un momento di crescita, un’affermazione del sè.
Come reagire allora davanti una bugia? Evitare prima di tutto di reagire in maniera troppo brusca e collerica, alcune bugie innocenti possono essere accettate come frutto della fantasia; evitare di etichettare il bambino: servirebbe solo a diminuire la sua autostima. Cercare di premiare i comportamenti onesti e soprattutto essere prima di tutto sinceri noi stessi, non possiamo essere credibili quando rimproveriamo un bambino bugiardo se gli facciamo continuamente promesse che non manteniamo.

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