La pandemia di Covid-19 peserà anche sulle nuove nascite, in particolare su quelle con Procreazione Medicalmente Assistita o PMA. Si calcola che tra marzo, aprile e maggio sono stati rimandati a data da destinarsi circa 35.000 trattamenti già programmati, con la speranza che a giugno si possa riprendere.
Lo stop alla PMA è arrivato nel periodo dell’anno più gettonato per accedere ai trattamenti e i cicli riproduttivi non effettuati nel trimestre marzo-maggio porteranno a circa 4.500 nascite in meno. Se pur temporaneo questo stop per le coppie in attesa di avere una possibilità di diventare genitori rappresenta un grave disagio da affrontare con la corretta informazione e con grande equilibrio emotivo. Prima ancora dei decreti emanati e dell’inizio del lockdown, i centri di PMA sia Italiani che Europei hanno sospeso i nuovi trattamenti riproduttivi per evitare gli spostamenti nel nostro Paese e in Europa, fermo restando il completamento di quelli già in corso.
La Società Italiana Riproduzione Umana (Siru) ha attivato due task force: una composta da infettivologi ed esperti di medicina della riproduzione e l’altra da psicologi e psicoterapeuti. Questi ultimi stanno seguendo con assistenza telefonica gratuita centinaia di coppie infertili che desiderano avere figli e che sono costrette ad aspettare il superamento di questa fase emergenziale.
Il messaggio è “rimandare non significa rinunciare”. Ad ora non ci sono dati che indichino che una donna che contrae il Covid-19 avrà problemi ad ottenere una gravidanza in futuro con tecniche di PMA. La Siru, inoltre, sta mettendo a punto un piano di lavoro per iniziare, appena possibile, una iniziale lenta ripresa dell’attività assistenziale adeguata anche all’eventuale prospettiva di una lunga convivenza con il coronavirus.