Abbiamo già detto che l’unica terapia per la malattia celiaca efficace è seguire una dieta priva di glutine per tutta la vita, il che comporta almeno inizialmente non poche difficoltà.

Il comportamento alimentare si costituisce come fenomeno psicologico e culturale con forme articolate e complesse, che travalicano largamente gli schemi di risposta al bisogno biologico del cibo.
Sin dall’antichità il cibo è stato investito di significati simbolici e di potere, ed un valido esempio ci viene offerto dalla parabola citata nel vecchio testamento, del frutto proibito che fu mangiato da Adamo ed Eva.
Il cibo, inteso come ciò che alimenta il nostro corpo, rappresenta nella storia delle culture uno dei momenti centrali della ritualità collettiva, la preparazione, il consumo del cibo hanno dato all’alimentazione significati simbolici così complessi ed incomprensibili da offuscarne la reale necessità, fino a stravolgerne il vero significato. Premesso questo, il cambiamento alimentare nella vita di una persona, plasmata dagli eventi della vita, può risultare di difficile accettazioni e in alcuni casi addirittura drammatico.
In questo ultimo caso ci si riferisce soprattutto a quei soggetti celiaci che non presentano al momento della diagnosi sintomi conclamati, tali da motivare l’accettazione della dieta proposta dai medici. Il cambiamento alimentare comporta, almeno inizialmente un disequilibrio mente-corpo, che si riverbera in tutte le sfere della vita.
Ci riferiamo soprattutto alla difficoltà della gestione della vita quotidiana, sia in casa che fuori casa, con conseguente riduzione della vita sociale. In uno studio condotto presso l’Ambulatorio di Celiachia dell’Università La Sapienza di Roma si è evidenziato che la dimensione psicologica più rilevante nei soggetti celiaci al momento della diagnosi è caratterizzata da sentimenti di ansia e depressione (Salvi.et al, 2002).
È stato inoltre evidenziato che la maggior parte dei casi dei disturbi depressivi e relativi disordini del comportamento si manifestavano prima della biopsia usata per diagnosticare la malattia; e che i piccoli pazienti con un breve trattamento di dieta priva di glutine riuscivano a diminuire il loro tasso di ansia e depressione.
Naturalmente i comportamenti cambiano a seconda della fascia di età in cui la malattia celiaca si manifesta. Durante l’adolescenza tutto sembra essere più complicato; è infatti un periodo di transizione in cui il giovane adolescente si ritrova a rifiutare la sua infanzia e allo stesso tempo tende a sentirsi adulto, non desiderando di identificarsi con quest’ultimi.
Altro aspetto importante da considerare in questa fase particolare della vita, sono le trasformazioni fisiche e psichiche, che sono così rapide ed evidenti e talmente determinanti, che non possono non avere una forte risonanza nella coscienza e nel comportamento dell’adolescente. Il giovane sente di perdere lo schema di riferimento del proprio corpo, che si era abituato a percepire in modo stabile, ed inoltre, non conoscendo quando e come la situazione si stabilizzerà è in perenne stato di agitazione.
Questo particolare momento di assoluta sensibilità è ancora più sentito amplificato, in soggetti celiaci, specie quando la diagnosi di celiachia giunge proprio in questo periodo. Scoprirsi celiaco in questa fase di vita risulta essere di non semplice accettazione.
Per i motivi suddetti, è facile capire come l’adolescente celiaco possa manifestare un rifiuto della propria malattia ed una scarsa adesione alla dieta più che in altre fasi della vita.
Infatti, è molto probabile che ci siano delle differenze corporee con i suoi coetanei, come ad esempio ritardo della crescita staturo ponderale, che può produrre insicurezza e timore sulla propria efficienza fisica, ed ha come conseguenza la paura di non essere accettato dal gruppo dei pari.
Inoltre, le limitazioni alimentari dettate dalla dieta aglutinata, possono favorire la produzione di sentimenti di disagio e di diversità, che possono comportare problemi emotivi.
Due sono i periodi in cui l’adolescente celiaco può incorrere almeno inizialmente come risposta alla malattia celiaca, assumere atteggiamenti passivi, di rinuncia e di chiusura in se stessi, come evitare di uscire con gli amici, non recarsi a cene, party, e a sottrarsi ad ogni tipo di divertimento, o anche semplicemente cercare di nascondere la sua condizione, ripristinando il glutine nella propria alimentazione, in presenza di amici, infatti la mancanza di sintomi riduce l’aderenza alla dieta.
Anche in questo caso, il ruolo dei familiari dell’ adolescente celiaco è determinante.
È importante inoltre, che i genitori incoraggino il giovane adolescente a non nascondere la propria condizione di celiaco, ma spiegare ai propri compagni cosa sia la celiachia, cosa comporta e quali sono le conseguenze se non si segue una dieta.
Così, parlandone con semplicità ed eliminando le tensioni, si elimina la sensazione di diversità, e si supera la paura di non essere accettati degli altri, ma fondersi nel gruppo, sentirsi così accettato e sostenuto nella sua condizione.
Nel caso in cui tutto questo potrebbe essere di difficile accettazione da parte dell’adolescente, si potrebbe sempre prendere in considerazione un intervento psicoterapico breve ed incisivo, in questo modo si aiuta il soggetto a rafforzare le risorse psicologiche, si aiuta ad eliminare il senso di diversità e di trasformare i sentimenti negativi in produttività, per raggiungere così un buon livello di benessere psicofisico.
L’approccio psicologico nella gestione clinica dei soggetti celiaci è necessario affinché si sostenga il celiaco e i suoi familiari ad affrontare tale momento particolare, allo scopo di contribuire a migliorare la loro qualità della vita.