Oggi il bilinguismo è un argomento abbastanza “di moda”

Un numero crescente di famiglie si interroga su come insegnare precocemente l’inglese ai propri figli, perché si comprende che quando loro saranno grandi non sarà possibile non essere fluenti in questa lingua, per potere studiare e lavorare.
Per questo abbondano corsi di inglese per bambini, aumentano le iscrizioni agli asili bilingui e alle scuole internazionali, si tende a mandare sempre più precocemente i bambini in vacanza studio all’estero.
Del resto, un altro tipo di bilinguismo è ancora più diffuso nel Paese, ed è il bilinguismo dei bambini i cui genitori sono stranieri, migrati in Italia alcuni anni fa. Questi bimbi sono nati in Italia e magari parlano in casa la lingua natale, mentre a scuola e con i compagni parlano italiano.
Per questo, si affaccia la consapevolezza del bilinguismo e abbondano le domande ed i dubbi sui genitori circa i vantaggi o gli svantaggi del bilinguismo.

Il bilinguismo è una condizione naturale in moltissime culture: i bambini in molti posti del mondo imparano almeno due lingue o dialetti contemporaneamente. Accade per esempio in tutte le aree di confine, abitate da persone appartenenti a comunità che parlano lingue differenti, o nelle enclavi, ovvero zone in cui abitano comunità la cui lingua nativa è diversa da quella del paese ospitante.
La stessa cosa accadeva normalmente anche in varie regioni italiane, nelle quali a casa si parla(va) dialetto e a scuola o in ufficio si parla(va) italiano. Chiunque di noi probabilmente ha avuto almeno dei nonni bilingui, se ci pensate: parlavano magari dialetto tra coniugi o fratelli, e italiano ai figli.
L’ Italia è un Paese che negli ultimi decenni ha progressivamente abbandonato il proprio naturale bilinguismo lingua/dialetto, perché a livello culturale e politico è stata data la priorità alla lingua italiana, unificante le regioni e comunità del nostro territorio.
Tra i risultati di questa politica, c’è una certa “paura” del bilinguismo. Negli anni ’70 si erano diffuse, anche a livello medico, una serie di teorie (che poi sono risultate poco fondate) che insistevano sugli svantaggi del bilinguismo a livello culturale, cognitivo e comportamentale, indicando in esso la causa per una “confusione” del bambino. I sintomi soprattutto descritti erano il ritardo nell’esordio del linguaggio, gli errori e le interferenze, ed inoltre si correlavano al bilinguismo le difficoltà scolastiche eventualmente vissute dai bambini bilingui.
Gli studi più recenti hanno in realtà dimostrato che non è vero che il bilinguismo causa “confusione”, oppure problematiche di linguaggio o di apprendimento nei bambini.
Studi più recenti hanno dimostrato che le percentuali di disturbo di apprendimento o di linguaggio sono assolutamente paragonabili tra i soggetti monolingui e bilingui, quindi non è vero che il bilinguismo causa queste difficoltà (altrimenti le percentuali sarebbero molto più alte). È vero che con il tempo i bambini bilingui risolvono i problemi di confusione linguistica ed arrivano a parlare correttamente entrambe le lingue cui sono esposti.

Oggi, gli studiosi sono d’accordo sul fatto che il bilinguismo non solo non è dannoso, ma al contrario ci sono dei vantaggi, quali:

• accesso a fonti linguistiche e culturali diversificate;
• maggiore capacità di attenzione selettiva: i bilingui scolarizzati hanno dimostrato di essere in grado di sviluppare questa abilità in modo più approfondito rispetto ai coetanei monolingui! Questa capacità, se adeguatamente seguita e allenata, può portare ad avere risultati migliori in alcuni compiti cognitivi.
Non è vero quindi che il bilinguismo provoca problemi comportamentali, linguistici o di apprendimento, al contrario è vero che i soggetti bilingui possono negli anni sviluppare capacità interessanti, sia a livello cognitivo che a livello culturale.

Ulteriori studi hanno anche dimostrato che il maggiore “lavoro” cui è costretto il nostro cervello se cresce in un ambiente bilingue ha un effetto protettivo rispetto alle malattie neurodegenerative dell’età senile.
Ciò che però è importante sottolineare è che il bilinguismo, perché sia davvero un elemento di vantaggio per i bambini e non di svantaggio, deve essere equilibrato e scolarizzato.

Se una famiglia vuole davvero sfruttare i vantaggi che il bilinguismo può dare, è necessario che osservi alcuni accorgimenti:

1. entrambe le lingue devono essere bene bilanciate e corrette. In buon bilinguismo esiste una lingua dominante, che è la lingua che il soggetto usa prevalentemente per “pensare”. Questa lingua in particolare deve essere bene sviluppata, sia nelle abilità scritte che orali, quindi corretta e ricca. Anche la lingua minoritaria deve essere bene sviluppata. Quindi è importante che le lingue siano allenate regolarmente, e che il bambino riceva regolarmente stimoli linguistici di qualità (libri, racconti, canzoni ecc.);
2. la lingua è identità, quindi è importante anche il contesto emotivo e relazionale nel quale i bambini vivono l’immersione linguistica. Il bambino deve essere consapevole e sereno rispetto alla propria identità bilingue;
3. non bisogna trascurare i ritardi o le difficoltà di linguaggio, attribuendoli al bilinguismo. Se è vero che i bambini bilingui iniziano a parlare più tardi e possono fisiologicamente avere delle interferenze che si risolvono naturalmente con l’età, è altrettanto vero che questi sintomi devono essere attentamente monitorati, per evitare di confondere un normale effetto transitorio dell’esposizione a due lingue con un vero problema di linguaggio che va invece affrontato con tempestività.