È ben noto che il bambino si ammala più frequentemente dell’adulto di infezioni respiratorie e tale maggiore incidenza è inversamente proporzionale all’età.
Diversi studi hanno dimostrato che l’incidenza delle infezioni respiratorie è massima nei primi due anni di vita, fino a 6-7 episodi per anno.

bimbo sciroppo ammalato


Ciò è valido per i paesi anglosassoni e scandinavi, dove la socializzazione è più precoce, ma sicuramente non ha un analogo riscontro in Italia, dove i bambini, in questa età, sono per lo più tenuti in ambito domiciliare. La frequenza media delle infezioni diminuisce a 4-5 episodi per anno dai 3 ai 5 anni ed ulteriormente in età scolare. Si stima che in Italia il 6% dei bambini in età prescolare sia affetta da IRR. Ma non è possibile generalizzare.
Soprattutto durante la stagione fredda centinaia di virus possono rendersi responsabili di infezioni delle vie respiratorie, per cui sono necessari diversi anni prima che si raggiunga un’esperienza immunologica adeguata.
L’aumentata suscettibilità agli agenti infettivi, che riguarda il 5-10% della popolazione infantile, quasi mai è riconducibile ad una patologia. Di solito si tratta di bambini sani o con transitoria alterazione della integrità dell’apparato respiratorio e/o del sistema immunitario.

Il sistema immunitario a questa età è ancora immaturo con livelli di anticorpi che aumentano progressivamente con l’età. Il bambino presenta un calibro ridotto delle vie aeree, ciò favorisce il ristagno di secrezioni e facilita l’attecchimento di germi. Peraltro il bambino non è in grado di soffiare il naso e presenta un riflesso tussigeno poco valido che ne limita l’espettorazione.
Le frequenti infezioni, inoltre, possono essere espressione anche dell’influenza di fattori ambientali sfavorevoli.

Esaminiamoli

A scuola il bambino entra in contatto con i comuni patogeni delle vie aeree e acquisisce certamente preziose esperienze immunologiche, ma il prezzo da pagare sono gli episodi di IRR.
Il numero degli episodi di infezione è direttamente proporzionale al numero di bambini che frequentano la scuola.
L’alto numero di bambini conviventi in ambiente domestico è un altro fattore di rischio che riconosce un meccanismo analogo a quello della socializzazione precoce.
L’esposizione al fumo passivo aumenta la frequenza di infezioni respiratorie. Infatti il fumo danneggia l’attività delle ciglia presenti lungo l’albero respiratorio e aumenta la reattività bronchiale.
Un ruolo rilevante gioca anche l’inquinamento ambientale.
Diversi studi hanno dimostrato che i bambini che vivono in città densamente popolate e ad alto grado di industrializzazione, contraggono più frequentemente infezioni respiratorie rispetto ai coetanei abitanti in zone rurali.
Ciò è dovuto in particolare a concentrazioni elevate di sostanze ossidanti (biossido di azoto e ozono) che derivano dal traffico autoveicolare e da inquinanti acidi come l’anidride solforosa prodotta dalla combustione del petrolio.
Tali sostanze si liberano anche nelle case da fonti energetiche per riscaldamento e per uso cucina svolgendo un’azione tossica diretta sulle mucose creando una aumentata reattività a carico delle prime vie respiratorie. Anche metalli pesanti quali cromo, cadmio, nichel, piombo, amianto e idrocarburi incombusti degli autoveicoli peggiorano la situazione. Come misura solo parzialmente protettiva può essere preferibile che i bambini evitino di uscire nei giorni con maggior tasso di inquinamento.
Molti virus e batteri sono in grado di provocare modificazioni transitorie delle funzioni difensive agendo a vari livelli.
Una piccola quota dei bambini con frequenti infezioni delle vie respiratorie è però affetto da immunodeficienze, malformazioni (a carico del setto nasale, dell’albero bronchiale, ecc.) o da patologie (fibrosi cistica, malattie metaboliche, discinesia ciliare, allergia, ipertrofia adenoidea) che si esprimono appunto con una aumentata suscettibilità a contrarre infezioni.
Uno dei problemi che più spesso il Pediatra di famiglia deve affrontare in ambulatorio è quello di stabilire se la ricorrenza e/o la gravità di tali episodi possono considerarsi “normali” o espressione di una vera e propria patologia. Tale compito è delicato e complesso, in quanto il confine tra il normale e il patologico delle infezioni non è sempre facile da tracciare.
Innanzitutto occorre valutare se la frequenza delle flogosi respiratorie è superiore a quella attesa per l’età e quindi tale da giustificare la definizione di “bambino con IRR”.
Ma per sospettare una franca patologia occorre affidarsi in particolare all’esperienza clinica e ai criteri epidemiologici.
Occorre valorizzare non tanto il criterio numerico, ma effettuare una valutazione clinica integrata della gravità, della durata e della localizzazione dell’infezione.
L’inizio della sintomatologia è in genere precoce (< a 1 anno di vita) in caso di patologia, più tardiva nelle IRR.
Il bambino IRR ha una crescita in peso e altezza normale e un normale sviluppo psicomotorio, in caso contrario occorre sospettare una patologia. Il coinvolgimento anche di apparati diversi da quello respiratorio deve orientare verso una immunodeficienza. Il ripetersi dell’infezione nella medesima localizzazione rende probabile la presenza di alterazioni anatomiche.
La non gravità clinica e il benessere intercritico depongono per una IRR “fisiologica”.
In corso di infezioni respiratorie ricorrenti occorrerà un’attenta indagine anamnestica atta ad individuare e, se possibile, eliminare i fattori ambientali favorenti (precoce scolarizzazione, tabagismo passivo, inquinanti domestici, ecc.). Se tali misure si riveleranno inefficaci o non applicabili, sarà opportuno procedere ad una serie di indagini di laboratorio e strumentali che saranno orientate a seconda dei quadri clinici particolari delle alte e delle basse vie respiratorie e saranno personalizzate in rapporto ai sospetti clinici prioritari.

In che modo intervenire nelle Infezioni Respiratorie Ricorrenti?

Occorre naturalmente trattare il singolo episodio. Per lo più non sono necessarie indagini di approfondimento diagnostico. È fondamentale tranquillizzare i genitori, eliminare i fattori favorenti, allontanare il piccolo dalla comunità per almeno 15 giorni dopo un episodio ed abolire fumo di sigaretta e altri inquinanti del micro-ambiente.
Di fronte alle preoccupazioni di un genitore perché il bambino è sempre malato, il pediatra deve saper sedare l’ansia, facendo capire che si tratta di un problema benigno destinato a risolversi con il tempo.
Tale compito è delicato e non semplice in quanto uno dei paradossi della medicina consiste nel fatto che, quando un medico pone una diagnosi di malattia e prescrive delle indagini o una terapia dolorosa e costosa, il suo approccio viene accettato senza difficoltà. Viceversa il medico che pone una diagnosi e consiglia di attendere che la situazione clinica migliori naturalmente, deve lottare a lungo per difendere il suo punto di vista.
Per sedare i timori dei genitori occorre dedicare al caso un tempo sufficiente, facendo percepire che si stanno raccogliendo tutte le informazioni utili. Dopo un attento esame clinico, se il medico è convinto che si tratti di una IRR “fisiologica”, dovrebbe semplicemente rassicurare la famiglia sulla transitorietà della condizione di IRR e sensibilizzare i genitori nel minimizzare l’esposizione ai fattori di rischio ambientale.
A cura del dr. Ruggiero Piazzolla

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