La gravidanza rappresenta un evento peculiare per la donna e il modo di viverlo è influenzato da fattori, oltre che biologici, anche psicologici, sociali ed economici.

Durante questo periodo ai cambiamenti fisici si affiancano i cambiamenti psicosessuali, ciò che avviene nel corpo avviene anche nella mente. La gravidanza e il post parto possono essere concepite in un unico processo che comprende entrambi: la maternità. La gravidanza, in particolare la prima, rappresenta una profonda crisi maturativa, un momento di trasformazione cruciale nel ciclo vitale femminile, infatti, la gestazione può essere considerata oltre che una fase dello sviluppo, un’esperienza di crisi, di rottura con ciò che si è. Questo percorso comprende l’integrazione di una nuova immagine di sé, di nuove identificazioni e la capacità di accogliere il bambino soprattutto attraverso una progressiva ridistribuzione dell’attenzione di sé verso l’altro.

La gravidanza si presenta come una fase di crisi transitoria dove emergono conflitti tra la nuova vita e quella trascorsa, il ruolo sociale e lavorativo raggiunto e quello che si dispiegherà, tra gioie e timori. È facile pertanto che una donna viva una molteplicità di sentimenti contrastanti e che resterà incuriosita e spaventata dalla diversità di questi. Ogni gestazione, anche se molto desiderata e con un decorso senza complicazioni, può suscitare sentimenti ambivalenti: la gravidanza non è da intendersi come un intervallo di vita costellato di sole gioie e speranze, come si vorrebbe nella sua concezione più romantica, ma spesso si presenta come un periodo caratterizzato anche da accentuata emotività, fragilità psicologiche, ansie, timori e angosce. Queste accompagnano più o meno silenziosamente tutto il processo e possono emergere con maggiore intensità in prossimità del parto.

Quando si sta per divenire madre, è sempre per la prima volta: per la donna l’esperienza della gravidanza vissuta, appartiene ogni volta a un territorio a lei sconosciuto, anche se già sperimentato. E come ogni nuova esperienza, porta con sé nuovi vissuti, cogliendo la donna di sorpresa. Fin dal momento del concepimento, si verificano nella donna una serie di cambiamenti non solo esterni ma soprattutto interni.

La donna ha 9 mesi per affrontare un’ampia riorganizzazione della propria vita, cambia il corpo, la propria identità di figlia e di donna, le relazioni sociali, il rapporto di coppia la sessualità, la vita lavorativa e il ruolo che assume all’interno della società.

Lo stato di confusione che si crea accomuna questo periodo all’adolescenza, fase di sviluppo in cui una donna si trova a confrontarsi con le proprie pulsioni, istinti, incertezze e dubbi in modo da dover riadattare le esigenze psichiche e fisiche alla “nuova identità”. Non dimentichiamo che la donna in gravidanza deve adattarsi alla nuova immagine corporea in rapido e a volte sconvolgente cambiamento: alcune donne usano questa fase e gli eventuali sintomi connessi per stare al centro dell’attenzione. L’evoluzione della gravidanza è contrassegnata da fasi che seguono le tappe fisiologiche nella maturazione del feto.

Il corpo aiuta in tal senso mutando, preannunciando e testimoniando, giorno dopo giorno dei cambiamenti in atto; il fisico si adegua ritmicamente allo stato della gestante mentre l’adattamento psicologico è più delicato, coinvolge la donna su più piani, e può avvenire in momenti diversi e dilatati nel tempo. Inoltre, il corpo che muta e in particolare la crescita della pancia segnalano il crescere del bambino, oltre che concretamente anche dell’immagine e del posto che il bambino acquisisce nei pensieri della madre. Inizialmente, la madre non ha percezione del proprio bambino, soprattutto perché manca ogni riscontro oggettivo. Le osservazioni cliniche riportano che l’inizio della gestazione è caratterizzato dal “blanc d’enfant”, un vuoto rappresentativo, in cui l’attenzione della donna è centrata sul funzionamento corporeo senza un preciso riscontro.

Successivamente, quando il bambino fa sentire i suoi primi movimenti, inizia per la donna un processo di differenziazione tra sé come madre e l’altro, il feto. Nel terzo trimestre il cambiamento corporeo diviene sempre più evidente, i movimenti fetali sono sempre più accentuati e la donna deve cominciare ad elaborare il fatto che la gravidanza sta per finire e l’unità duale per essere perduta. Ora la madre entra in contatto con il “bambino reale” che dev’essere differenziato dal “bambino immaginato”, sul quale si riversano le proprie aspettative e da quello “fantasmatico”, risultato dell’elaborazione dei conflitti inconsapevoli, relativi allo sviluppo psicosessuale materno.

È molto importante che la donna in questo periodo riesca a trovare dentro di sé la capacità di rappresentarsi come madre buona, perché, una rappresentazione materna positiva le agevolerà il compito di occuparsi con attenzione e capacità del suo bambino. Nell’ultima fase della gravidanza possono evidenziarsi forti conflitti e intensi sentimenti di ambivalenza: lo spazio fisico e psichico della donna viene occupato completamente dal futuro ruolo di madre e la simbiosi totale col nascituro sta per concludersi. L’attesa del figlio comporta una riorganizzazione a livello psicologico e reale della coppia allo scopo di includere il terzo.

Il buon esito di questa ristrutturazione dipenderà dall’elaborazione individuale di ognuno dei membri della coppia e sarà influenzato dalla fase attraversata dalla coppia in quel preciso momento del ciclo vitale. La maggior parte delle donne vive la maternità in termini di creatività e gratificazione, oscillando nelle diverse fasi tra sentimenti negativi e positivi, secondo la personalità, la storia personale, le relazioni affettive e la situazione socio – culturale.

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