Fino a 3-4 anni è normale che i bambini preferiscano il gioco solitario, con uno spazio indipendente e senza interazioni con coetanei.

Tra i sei e gli undici mesi d’età i neonati cominciano a gattonare ed esplorare l’ambiente circostante; in seguito, imparano a sollevarsi in piedi autonomamente e poi a spostarsi in posizione eretta. La maggior parte dei bambini è in grado di camminare intorno all’anno e mezzo. Per il genitore, soprattutto se segue un figlio a tempo pieno, vi sono diversi spazi di socializzazione, nei quali può incontrarsi con altre famiglie per scambiare pareri e opinioni, o anche solo per uscire dalla routine quotidiana.
I luoghi adibiti all’incontro vengono caldamente consigliati durante i corsi pre-parto, in particolare alle  madri, per evitarne l’isolamento e limitare i danni della depressione postparto. Capita, perciò, sempre più spesso, che mamme e papà si rechino, insieme ai loro piccoli, presso spazi gioco, ludoteche, piscine o altri servizi territoriali, con l’intenzione di favorire la reciproca conoscenza e socializzazione tra coetanei. Ed è proprio in quel momento che i primi dubbi e timori s’insinuano nella mente: quando vediamo che nostro figlio, attirato da giochi e libri, non considera minimamente la  presenza di altri bambini e, in qualche occasione, utilizza addirittura la propria fisicità per allontanarli. Subito ci assale la paura che abbia qualcosa, che sia aggressivo o che il nostro stile educativo sia inadeguato.
Molti studi di psicologia evolutiva e dell’educazione, ricordano a più riprese quanto sia importante che i bambini sappiano socializzare per un loro armonico sviluppo futuro, per evitare timidezza eccessiva, personalità borderline o rifiuto delle  relazioni; nelle comunicazioni con i genitori, però, non viene posto un accento significativo sull’età più adeguata all’interazione sociale.
I bambini sviluppano competenze sociali nei confronti dei coetanei solo dal terzo anno d’età. Non deve essere preoccupante, quindi, che nostro figlio di due anni sia più attratto  dai giochi o che allontani a gesti un coetaneo. Prima, le interazioni che instaurano sono esclusivamente con adulti o caregiver. Un neonato, fino a tre anni sarà spesso impegnato a scoprire se stesso, in primis, e il mondo che lo circonda nella fase immediatamente successiva. Si può affermare che “basta a se stesso”: ci sono talmente tante cose da imparare che non sente la necessità di andare oltre il suo piccolo mondo. Così scopre la propria casa, la famiglia, ma anche, banalmente, di avere mani e piedi.
La  relazione veramente  importante, ora, è quella con la madre (teoria di M. Klein), o con il caregiver,  dalla quale il bambino imparerà tutte le modalità d’interazione che metterà in atto nel futuro (riceve un  imprinting, sviluppa un attaccamento). La pronta risposta, sia fisica sia emotiva, che riceverà all’esplicitamento dei suoi bisogni, lo aiuterà a  strutturare le capacità sociali future, come la fiducia in sé, la condivisione, il rispetto, e uno stile comunicativo efficace.
Non è il caso di preoccuparsi oltremodo, perciò, del comportamento apparentemente antisociale di un neonato, quanto di porre attenzione alle modalità di interazione che gli adulti più vicini ad esso adottano con lui.

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