Oggi si impara sempre più precocemente a scrivere e a leggere, ad usare il computer, a parlare una lingua straniera, a giocare ai videogiochi, ma è raro che tutti, dai bambini agli adulti, si prendano cura delle emozioni. Esse sono stati soggettivi di natura transitoria che riguardano la vita degli esseri umani e sono fondamentali per prendersi cura della propria esistenza e di quella altrui.

Nascono nel mondo interno e si manifestano attraverso il corpo e il movimento, pur tuttavia non sempre si percepiscono, si accettano e si prendono in considerazione. Come diceva lo psicologo Luigi Anolli: “Le emozioni colorano la vita perché sono il motore del comportamento umano, il termometro del nostro benessere globale”.

E come possiamo colorarci? La risposta è dare spazio alla nostra realtà emotiva, perché sono le emozioni a farci sentire vivi. Paradossalmente, però, nella maggior parte dei casi le temiamo perché evidenziano le debolezze e tendiamo a concentrarci su quelle negative come l’ansia, la paura, la tristezza, che devono essere eliminate. Non ci si rende conto, invece, che le emozioni spiacevoli possono essere gestite e, se non sono imprigionate e distorte, possono rivelarsi utili. Ciò che è pericoloso è la tendenza a reprimerle, senza utilizzarle e superarle. È facile accettare le emozioni positive, più difficile quelle negative, ma queste ultime non possono essere abolite perché fanno parte della nostra esistenza.

Le nostre emozioni sono di vario tipo, dobbiamo pertanto imparare a riconoscerle e a gestirle tutte. Esse, infatti, sono depositarie della nostra storia, dei rapporti che intrecciamo ed assumono un ruolo determinante nelle diverse circostanze della vita personale e relazionale. Per lo sviluppo armonico della personalità è necessaria un’interazione fra cognizione e affettività.
Oggi la neuroscienza sostiene la necessità di considerare le emozioni e parla di un cervello razionale ed emotivo. Il primo controlla e gestisce l’impulso attivato dalla mente emozionale, ma se prevale non ci saranno più emozioni, non ci sarà vita e tutto diventerà automatico. Il secondo, invece, è più rapido e pericoloso perché se prende il sopravvento è come se la persona venisse sequestrata dalle emozioni che la spingono ad attuare comportamenti non idonei.

È importante, allora che ci sia equilibrio tra cuore e mente. Il giusto mezzo aristotelico è l’intelligenza emotiva, che è la capacità di essere autoconsapevole, cioè di riconoscere e rispettare il mondo delle emozioni senza provare vergogna; di riuscire a controllarle senza far finta che non esistano. Occorre, allora imparare a comunicare ed esprimere ciò che si prova, ma soprattutto si ha bisogno di riconoscere anche le emozioni degli altri e di curare l’altro da sé, di cooperare e di stabilire legami sociali. Dunque, se si impara a rispettare le proprie emozioni, si è poi in grado di rispettare la ricchezza di quelle degli altri. Alla base dell’equilibrio fra mente-corpo, cervello-cuore, c’è poi bisogno dell’ascolto, non solo sulla base di contenuti verbali, ma inteso come ascolto empatico. Essere ascoltati significa valorizzare i propri stati d’animo, percepire non solo le parole, ma anche i pensieri e persino il significato inconscio del messaggio che viene trasmesso (Rogers,1973).

Dunque, quando interagiamo con i bambini è fondamentale insegnare loro ad esprimere le proprie emozioni, ascoltandoli e comprendendoli. Ciò non significa che si debba permettere lo sfogo a tutti gli impulsi, ma bisogna far capire loro che esiste un limite tra quello che desiderano e ciò che sentono.
Coloriamo quindi la nostra vita con tutte le sfumature delle nostre emozioni.

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