Il latte rimane la scelta nutrizionale migliore nella dieta dei più piccoli per un corretto sviluppo psicomotorio

Il più buono è quello di mamma
Il latte migliore per nutrire i nostri cuccioli, anche dopo lo svezzamento, resta quello materno. Ricco di calcio e vitamina D per la formazione delle ossa, è un importante alimento fonte di acidi grassi essenziali indispensabili per la crescita del cervello e delle facoltà cognitive, contiene prebiotici per lo sviluppo del sistema digerente e immunoglobuline per difendersi da virus e batteri.
Un alimento completo, raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sia per i benefici nutrizionali che per quelli che apporta allo sviluppo affettivo e relazionale del bambino.

Quando quello di mamma non c’è più, il latte rimane uno degli alimenti principali della dieta, dallo svezzamento all’adolescenza per il suo basso contenuto calorico (64 kcal per 100g) e l’alta densità nutrizionale dovuta alla biodisponibilità degli eccellenti nutrienti contenuti.
Un alimento risulta biodisponibile quando la quota di nutrienti ingerita viene effettivamente assorbita dall’organismo. Verdure e cereali hanno un assorbimento tre volte inferiore rispetto a carne e latte e l’eccesso di fibre vegetali può ridurre l’assorbimento di calcio e vitamina D contenuti nei cibi. Il caseinato di calcio contenuto in latte e derivati, ad esempio, è la forma di calcio a maggior biodisponibilità in natura. Questo è uno dei principali motivi per cui la dieta vegana è poco adatta ai bambini.
bimbo allatta
Ma qual è il latte migliore da dare ai nostri piccoli nelle varie fasi di crescita?
Prima dello svezzamento se il latte di mamma scarseggia, le formule per lattanti sono gli unici prodotti in grado di sostituirlo, perché capaci di soddisfare il fabbisogno nutrizionale nei primi mesi di vita. Le nuove linee guida del Ministero della Salute sull’alimentazione nella prima infanzia sconsigliano il latte vaccino nel primo anno di vita e lo indicano con cautela a partire dal secondo, perché il latte vaccino contiene troppe proteine, poco ferro e pochi acidi grassi essenziali o Omega 3, risultando inadeguato alle esigenze di un bimbo piccolo rispetto ai latti appositamente formulati o cosiddetti “latti di crescita”. Come alternativa al latte della mamma, il latte di crescita ha un profilo proteico ottimale con un corretto apporto di ferro, calcio e vitamine. Abbinato ad una dieta variata diventa un alimento altamente consigliato per le esigenze nutrizionali del bambino almeno fino ai 3 anni di età.
Dai risultati di uno studio olandese, pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition e condotto per 20 settimane su 318 bambini di età compresa tra 12 e 36 mesi, è emerso che il consumo quotidiano di latte di crescita arricchito di ferro e vitamina D, rispetto al latte vaccino, contribuisce ad evitare carenze di questi due importanti micronutrienti.

“Abbiamo tenuto conto – spiega Marjolijn Akkermans, una degli autori, – dell’influenza delle stagioni e delle patologie infettive. A garanzia dell’accuratezza dei risultati, abbiamo inoltre misurato i cambiamenti dei livelli di ferro e vitamina D nel sangue prima e dopo lo studio, sia nel gruppo di bambini che ha assunto latte vaccino che nel gruppo che ha assunto latte di crescita arricchito”.

Secondo Alberto Villani, presidente della Società Italiana di Pediatria, questo è uno studio molto importante in quanto documenta in modo scientifico che non sempre la popolazione infantile assume i nutrienti di cui ha bisogno. Ferro e vitamina D sono tra le carenze nutrizionali più diffuse e avere a disposizione, quindi, alimenti con adeguate supplementazioni è di grande utilità.

Nel latte sono presenti VitA, E e D, acido folico, VitK, C e B2.

Le proteine del latte hanno un alto valore biologico perché contengono tutti gli aminoacidi essenziali.
latte
Dopo i due anni bere latte intero e mangiare latticini e formaggi preparati con latte intero fa bene sia alla linea che alla salute: rende i piccoli più snelli e migliora il livello di Vitamina D. È quanto affermano i ricercatori del Saint Michael’s Hospital (Canada) in uno studio pubblicato lo scorso anno sull’American Journal of Clinical Nutrition. La ricerca ha esaminato 2.745 bimbi dai 2 ai 6 anni. Quelli che bevevano latte intero avevano un indice di massa corporea inferiore di 0,72 unità rispetto a chi beveva latte scremato.
Più muscoli e poca ciccia, quindi. Lo studio non spiega, però, perché i bimbi che bevono latte intero sono più snelli.
L’ipotesi è che il latte intero data la sua ricchezza di nutrienti possa aumentare il senso di sazietà rendendo i bimbi meno propensi agli spuntini fuori pasto. Anche se il contenuto di calcio non viene abbassato dal processo di scrematura, questo minerale utile a “farsi le ossa” sin da piccoli necessita di tanta vitamina D. Una tazza di latte scremato fornisce un terzo dell’apporto di vitamina D di una tazza di latte intero, perché questa è una vitamina liposolubile che si dissolve meglio nel grasso che nell’acqua. E non solo.
In tutte le età pediatriche devono essere introdotti gli Omega 3 perché essenziali per lo sviluppo del cervello. Ciò avviene con il latte materno e, in sua mancanza, con i latti formulati e il latte intero.

Il calcio (120 mg/100g) e il fosforo (93 mg/100g) sono i minerali più importanti per ossa e denti.

latte fresco
Il latte contiene anche altri minerali tra cui zinco e selenio.
Dai tre anni in poi e fino all’adolescenza, nonostante la dieta diventa sempre più variata il consumo di latte, yoghurt, latticini e formaggi non deve mancare. Se latte e yoghurt sono alimenti base della prima colazione e della merenda pomeridiana, non bisogna dimenticare che un bicchiere di latte fresco prima di andare a letto concilia il sonno in tutte le stagioni dell’anno a tutte le età.
Come nutriamo i nostri bimbi se sviluppano un’allergia o un’intolleranza al latte?
Proprio perché il latte è un alimento di cui non se ne può fare a meno per una corretta alimentazione della prima infanzia, le industrie produttrici di latte hanno appositamente formulato latti per ogni specifico problema. Per fortuna l’allergia alle proteine del latte si verifica in bassa percentuale e tende a risolversi spontaneamente entro i 3 anni. Interessa meno dell’1% dei bimbi sopra i 6 anni. Non va confusa con l’intolleranza legata al consumo di latte e derivati, dovuta all’incapacità dell’organismo di digerire il lattosio, principale zucchero del latte composto da glucosio e galattosio, a causa di un deficit dell’enzima lattasi.
L’intolleranza al lattosio è un problema frequente nel neonato ma di solito è temporanea e può essere risolta solo ricorrendo a latti delattosati o vegetali, come quello di riso o di soia. Il deficit congenito di lattasi è invece piuttosto raro e su base ereditaria. Insorge sin dai primi giorni di vita sia con il latte materno che con quello artificiale.
La lattasi compare già dalla 23ma settimana di gestazione e raggiunge la concentrazione massima alla fine della gravidanza rimanendo alta fino a quando il bimbo si nutre di solo latte. Con l’inizio dello svezzamento la produzione di questo enzima fisiologicamente diminuisce al punto tale da non essere quasi più sintetizzato dai villi dell’intestino tenue in quantità necessarie alla digestione dei cibi contenenti lattosio. Un’intolleranza transitoria al lattosio nei più piccoli può verificarsi anche dopo episodi di gastroenteriti batteriche o virali.
Il lattosio che non viene digerito per carenza di lattasi esercita un effetto osmotico richiamando acqua dall’intestino stesso.  Il microbiota presente nel colon induce, poi, la fermentazione del lattosio indigerito producendo gas come idrogeno e metano, oltre che altre sostanze irritanti. La comparsa di diarrea acquosa accompagnata da crampi addominali, flatulenze e distensione addominale deve insospettire i genitori, che devono correre ai ripari anche se l’intolleranza al lattosio non è un problema di salute pericoloso.
Il modo più veloce di verifica è fare il Test di eliminazione. Si toglie il latte dalla dieta del bimbo, si valuta se i sintomi scompaiono e poi si reintroduce per vedere se i sintomi ricompaiono. Ma il gold standard per una diagnosi sicura è il Breath Test o test del respiro, un esame molto semplice, affidabile e non invasivo. Previa misurazione dei valori basali di idrogeno nell’aria espirata, si somministrano 15 grammi circa di lattosio, pari a circa 300 ml di latte,  e dopo un paio d’ore si analizza il picco di idrogeno nell’aria espirata, la cui presenza rappresenta la conferma della fermentazione intestinale ad opera della flora batterica intestinale del lattosio indigerito e non assorbito.
Nella maggior parte dei casi l’intolleranza si risolve verso i 2-3 anni, pertanto ad un certo punto si può provare ad reintrodurre il latte gradualmente nella speranza di aver superato la fase critica. Conviene iniziare prima con il formaggio stagionato in quanto contiene poco lattosio, poi con cibi a contenuto medio di lattosio e solo in ultimo si reintroduce il latte da bere.
Nel frattempo il bimbo va nutrito con alimenti delattosati ad Alta Digeribilità, appositamente formulati non solo per i bimbi ma per tutti coloro che sono intolleranti al lattosio ma non vogliono rinunciare alla bontà e alla ricchezza nutrizionale del latte.
Il latte delattosato ha lo stesso valore nutrizionale del latte contenente lattosio. In più è molto gradevole al palato in quanto durante la sua preparazione il lattosio viene scisso in glucosio e galattosio. Oltre che più digeribile diventa  quindi più dolce poiché il lattosio ha un potere edulcorante inferiore rispetto ai singoli zuccheri che lo compongono. Anche se U.H.T, deve essere conservato in frigo per contrastare la reazione di Maillard, dovuta all’interazione tra zuccheri e proteine durante la cottura, utile in certi alimenti come il pane ma indesiderata nel caso del latte e riconoscibile dal tipico odore di cotto.
Gli alimenti delattosati non risolvono, tuttavia, i problemi dei bambini che hanno una vera e propria allergia alle proteine del latte. Quando uno o entrambi i genitori sono anch’essi fortemente allergici, le probabilità che il piccolo sviluppi un’allergia alle proteine del latte sono maggiori, indipendentemente dal tipo allergia dei genitori. Per cautelarsi, al momento dello svezzamento in prima istanza bisogna usare a scopo preventivo il latte H.A-ipoallergico, nel quale le proteine sono state frammentate in molecole più piccole per diminuire la possibilità di reazioni allergiche. Nei neonati che invece hanno già manifestato questo genere di disturbi anche il latte H.A. può scatenare allergia e pertanto questi bambini vanno alimentati con altri tipi di latti speciali.
Il latte idrolisato o a idrolisi spinta si differenzia da quello H.A. poiché le proteine sono state scisse in frammenti piccolissimi. Nonostante il rischio di allergie sia molto più basso, vi sono bambini allergici anche a questo tipo di latte. L’alternativa può essere il latte di soia, che però può essere a sua volta responsabile di reazioni allergiche ai suoi stessi componenti. La soluzione è il latte elementare o semielementare, costituito da miscele di proteine idrolizzate con aggiunta di aminoacidi, oli vegetali e zuccheri, senza lattosio e soia. In realtà questi praparati, del latte vero e proprio hanno solo l’aspetto e la consistenza. Sono essenzialmente formulazioni nutrienti che si rendono necessarie in presenza di forti allergie o di altre condizioni che causano malassorbimento intestinale. Il latte elementare, essendo costituito da tutti i nutrienti in forma elementare, resta l’unica formulazione che non induce allergie sia immediate che ritardate. Questo latte è molto costoso e in più ha una scarsa palatabilità, due caratteristiche che lo rendono indispensabile solo e soltanto in casi di severe allergie.
Per i lattanti che manifestano frequenti episodi di rigurgito esistono, poi, speciali latti contrassegnati dalla sigla “AR”. Il latte A.R. o latte antirigurgito viene addizionato con sostanze addensanti naturali come la farina di carrube al fine di aumentarne la densità. In questo modo, gli episodi di rigurgito anche se non proprio eliminati del tutto vengono almeno ridotti. Se poi la farina di carrube provoca piccole coliche o stitichezza, in alternativa si può usare il latte A.R. addensato con amido di mais.
 I latti A.R. andrebbero somministrati con adeguati biberon dai fori più piccoli per rallentare la velocità di suzione e ridurre l’introduzione di aria.
I biberon antireflusso sono, inoltre, dotati di una particolare tettarella che consente di somministrare il latte anche in posizione eretta evitandone, così la risalita.

Un latte per ogni problema vuol dire latte e nutrimento per tutti nostri bimbi: mangioni, allergici o intolleranti. Nessun escluso.