L’eccessivo apporto di sale (cloruro di sodio nell’etichetta) con la dieta è da tempo un problema nell’alimentazione dei paesi ad elevato standard socio-economico.

sale
A fronte di un fabbisogno, nell’adulto, di circa 1 grammo/giorno, la quantità media giornaliera consumata a livello di popolazione è di circa 10 grammi. Le più recenti linee guida per la popolazione italiana raccomandano un consumo giornaliero medio per l’adulto di circa 5-6 grammi: il sale assunto con la dieta in eccesso deve essere necessariamente eliminato attraverso il rene che è costretto così ad un “superlavoro” non necessario. Sale in eccesso nella dieta significa anche esporsi ad un maggior rischio di malattie cardiovascolari e, in particolare, di ipertensione arteriosa. Il sale nella dieta proviene in minima parte da quello naturalmente presente negli alimenti, e soprattutto da quello aggiunto artificialmente nella trasformazione e conservazione degli alimenti e quello aggiunto poi a tavola. Il gusto per il sale si consolida molto precocemente nel corso della vita e una volta acquisito, tende a mantenersi.
Chi è abituato a mangiare salato avverte riduzioni anche minime della sapidità dell’alimento ed è portato ad aggiungere un’ulteriore quantità di sale. Per questo motivo, è importante che l’abitudine al consumo moderato di sale sia instaurata sin dall’infanzia, con differenze però nelle diverse fasi della crescita del bambino.
Infanzia, allattamento e svezzamento non rappresentano abitualmente un problema per il contenimento dell’apporto di sale entro i limiti raccomandati, a meno che non si abbia l’abitudine di aggiungere sale ai cibi preparati per il bambino, pratica questa regolarmente proibita dai pediatri.
A partire dal primo anno la dieta del bambino diventa più varia, con l’inserimento di alimenti trasformati o conservati e pertanto a più elevato contenuto in sale. A questa quantità di sale va sommata poi quella che i genitori forniscono aggiungendo sale alle pietanze per “insaporirle” – il divieto del pediatra per motivi misteriosi viene considerato automaticamente superato a quest’età – abituando il bambino alla preferenza per il gusto salato. Con la crescita, l’alimentazione tende a somigliare sempre di più a quella degli adulti con l’introduzione di nuovi alimenti e di porzioni più abbondanti.
Considerata la preferenza in questa fascia di età verso alimenti precotti e da fast food, che abitualmente sono ricchi in sale, il suo consumo aumenta in maniera considerevole, superando facilmente i limiti raccomandati.
Un maggiore consumo di sale comporta anche un aumento del senso della sete placato oggi, sempre più spesso, con bevande zuccherate che i bambini preferiscono in genere all’acqua, cosa questa che in sé può contribuire ad un eccessivo apporto di calorie. A questa età quindi la dieta ricca in sale presenta anche alcuni “effetti collaterali”.

Sale: che fare?

Evitare l’uso della saliera a tavola e limitare la quantità di sale nella preparazione delle pietanze, sostituendolo con spezie e aromi che esaltano il sapore degli alimenti senza coprirlo, come invece fa il sale. Limitare il consumo di alimenti trasformati industrialmente, conservati o precotti, aiuta a mantenere l’apporto di sale entro le quantità raccomandate. E quando usiamo il sale, è meglio che sia iodato.
dr.ssa Marika Dello Russo – Istituto di Scienze dell’Alimentazione, CNR

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