Nel corso delle ultime settimane di “confinamento” sono stato contattato da molti genitori perché li aiutassi a comprendere i sintomi presentati e riferiti dai loro bambini, a capirne le cause e a rispondere loro nel modo migliore.

In modo particolare mi sono stati riferiti comportamenti dei bambini più piccoli fino ai 2 anni circa e quelli dei più grandi, di 3-4 anni in genere. I primi manifestano soprattutto “stati d’animo” diversi dal solito come irrequietezza, irritabilità, perdita di appetito oppure disturbi del sonno, aspetto intristito del volto; i secondi, i più grandi, riferiscono soprattutto dolori addominali, inappetenza, mal di testa, capricciosità e altro. In genere i genitori che mi interpellano riferiscono di non aver dato peso a questi comportamenti, almeno all’inizio, poi, soprattutto in riferimento ai più grandi, di aver reagito con preoccupazione, non riuscendo a capirne le motivazioni e le soluzioni da adottare. Queste situazioni sono molto più frequenti di quanto si pensi e, soprattutto, sono molto più diffuse di quelle rilevate.

I bambini stanno vivendo una condizione nuova caratterizzata dalla brusca interruzione dei ritmi, delle abitudini e delle frequentazioni che avevano precedentemente (pensiamo solo a quelli che frequentavano nidi e scuole dell’infanzia) e che non comprendono e soprattutto non riescono a spiegare; talora, come accade nei bambini più grandi, finiscono per pensare che la nuova situazione possa essere “una risposta” dei genitori alle loro “marachelle”, ai loro capricci.
I genitori devono comprendere che i bambini non sono in grado di dare una spiegazione razionale a quanto sta accadendo, si accorgono che le abitudini, i ritmi, le presenze degli adulti sono profondamente cambiate nelle ultime settimane e, spesso, non vengono date spiegazioni comprensibili o, ancora, risposte preoccupanti per le conseguenze per quanto accade, tanto più quando gli adulti di riferimento manifestano anch’essi il proprio disagio per la condizione di vita presente con irritabilità, trascuratezza e contrasti con gli altri adulti.

Deve essere anche considerato che il tempo, per i bambini, assume una “durata” molto più lunga che per noi adulti e le giornate sembrano non finire mai.
Questo insieme di condizioni alimentano lo stato di disagio dei bambini che, proprio perché non riescono ad analizzarlo e dare ad esso una spiegazione comprensibile e, soprattutto, a poterlo esprimere verbalmente, lo manifestano con il proprio “corpo”, come fanno spesso anche in altre situazioni che ben conosciamo (i tic, i dolori addominali periombelicali, i disturbi del linguaggio, ecc.).
Questi segnali di disagio richiedono da parte degli adulti di riferimento una capacità di attenzione, di comprensione e, soprattutto, di una risposta empatica che innanzitutto li tranquillizzi, faccia loro comprendere i motivi di questa condizione che stiamo tutti vivendo (senza utilizzare argomenti e immagini preoccupanti e allarmanti) e, sottolineando verbalmente e particolarmente con i gesti (il sorridere, l’abbracciare, ecc.) che la relazione già instaurata non è affatto cambiata, che quanto prima torneremo tutti alle abitudini e alle consuetudini di prima.

Ai bambini che riferiscono sintomi somatici (mal di pancia, cefalea, pollachiuria, cioè la tendenza di urinare frequentemente, ecc.) occorre prestare un’attenzione serena e non allarmata a quanto riferiscono, tranquillizzandoli e facendo loro sentire che non siamo preoccupati perché tutto si risolverà presto e bene, evitando anche di chiedere loro frequentemente: “Come ti senti? Hai ancora mal di testa?”.
Approfittiamo piuttosto di questo periodo per intrattenerci più spesso con loro, interessandoci ai loro interessi, ai loro progetti e, a seconda della loro età e maturità, giocando con loro (puzzle, costruzioni, disegni, enigmistica, ecc.) e, soprattutto, scrivendo insieme delle storie, costruendo delle sceneggiature da recitare. In questo modo i bambini potranno “esportare” sulle storie e sulle trame i loro disagi inconsci e cercare così di liberarsene.