Nota come ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder), rappresenta una patologia rilevabile soprattutto o inizialmente in età evolutiva, è caratterizzata essenzialmente dalla presenza di sintomi quali: iperattività, scarse capacità di concentrazione, impulsività, difficoltà di coordinazione.

Nel corso degli ultimi anni si sta assistendo ad un notevole incremento numerico di casi di ADHD, e non perché si sono affinate le capacità di osservazione e di formulazione diagnostica, ma per un effettivo aumento di bambini che sin dalla scuola materna manifestano diversi sintomi riferibili a tale sindrome, con un’intensità ed una durata sufficienti per poter parlare di vero e proprio disturbo. Attualmente si calcola che più del 5% della popolazione scolastica rientri nell’ambito dell’ADHD, con netta prevalenza del sesso maschile (da 3 a 9 maschi ogni femmina), persistenza della sintomatologia fino all’adolescenza in circa i due terzi dei casi, e fino all’età adulta in un terzo. Il bambino affetto da deficit attentivo con iperattività, spesso non riesce a: mantenere l’attenzione per un periodo prolungato, evitare di distrarsi, ascoltare e seguire istruzioni, prestare cura ai dettagli, affrontare compiti lunghi terminandoli nei tempi previsti, avere cura delle proprie cose.

A causa della sua patologia:

  • si muove eccessivamente anche in contesti poco adeguati;
  • sembra continuamente “mosso da un motorino”;
  • Passa continuamente da un’attività all’altra;
  • parla eccessivamente;
  • interrompe ed è invadente verso gli altri;
  • “spara” risposte a caso;
  • nel gioco non sa aspettare il proprio turno ed è impaziente;
  • agisce senza riflettere, non valutando le conseguenze di ciò che fa.

Ha una scarsa capacità di sopportare frustrazioni e di differire bisogni e desideri, scarsa autoregolazione di emozioni ed impulsi, scarsa autostima, scarsa motivazione e scarsa tenuta nelle attività che richiedono sforzo cognitivo.

Nel corso dell’attività di foniatra, ossia di specialista in fisiopatologia della comunicazione che entra in contatto in un rapporto inizialmente diagnostico con soggetti comunicopatici, il riscontro di sindromi caratterizzate da deficit dell’attenzione con iperattività, a volte identifica una formulazione diagnostica diretta ed immediata, soprattutto nei casi in cui un bambino giunge in visita perché considerato disattento ed iperattivo (e quindi il dato anamnestico già di per sé costituisce un riconoscimento preliminare, da parte dei familiari, delle disabilità del bambino); altre volte invece identifica un rilievo aggiuntivo in un contesto clinico il cui quadro è dominato da altre sintomatologie, quali i ritardi di linguaggio, disturbi della fluenza verbale, alterazioni della voce, disabilità di apprendimento (lettura, scrittura, calcolo), psicosi, autismo. Quest’ultima patologia, negli ultimi anni è stata sempre più avvicinata all’ADHD, sia per effettivi riscontri di manifestazioni cliniche comuni in un’elevata percentuale di casi, sia in seguito a studi genetici che ne hanno evidenziato comuni origini.
Nell’ambito di una casistica personale, identifico in queste forme cliniche i diversi quadri di sindrome da deficit attentivo con iperattività rilavati in un campione di 200 bambini di età compresa tra tre e dieci anni:

– Forme pure, cioè senza sintomi associati evidenti in occasione della prima visita: 33%
– Forme con evidenti sintomi associati (disfemia, dislalie, disfonia, dislessia…): 36%
– In ambito di sindromi autistiche: 31%.

In circa un terzo dei bambini appartenenti a questa casistica, ho concluso la prima visita-osservazione foniatrica con la diagnosi diretta di “sindrome da deficit attentivo con iperattività” quando la sintomatologia preponderante era rappresentata dall’evidente instabilità motoria, e le capacità di prestare attenzione alle consegne anche più semplici risultavano insufficienti.
A seconda poi dell’età anagrafica, si riscontrava anche una relativa inadeguatezza delle abilità percettive, motorie globali e fini, grafiche, curriculari, cognitive, comportamentali.

In un altro terzo (circa) dei casi, alla sintomatologia su descritta, si univa in misura altrettanto evidente, direi preponderante, la presenza di uno o più sintomi tipicamente “foniatrici” (almeno secondo l’accezione tradizionale) quali numerose dislalie, disfonia, o disfluenza verbale. Va sottolineato che in più della metà di questo 36%, mi è capitato di riscontrare due o più sintomi associati, come ad esempio, dislalie e disfemia, dislalie e disfonia.

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