Il bullismo è la manifestazione di un malessere. Crea disagio e sofferenza sia in chi lo subisce che in chi lo esercita: non stare fermi a guardare è un dovere dei grandi e un diritto dei piccoli. Il bullismo può essere definito come l’insieme di comportamenti messi in atto ripetutamente nel tempo allo scopo di danneggiare, dominare o ferire qualcuno; è intenzionale, sistematico e basato sulla differenza di potere.
Assume diverse forme: fisiche (es. colpire con pugni e calci), verbali (es. deridere, insultare, prendere in giro), indirette (es. pettegolezzi, escludere). Il bullismo è la manifestazione di un malessere sia per coloro che commettono il danno (bullo) che per coloro che lo subiscono (vittima). Il bullo solitamente è impulsivo, ansioso, con un forte desiderio di imporsi e dominare, ha scarsa empatia, scarsa tolleranza alla frustrazione e tende all’abuso di potere. La vittima in genere è timida, insicura, incapace di reagire, con un basso livello di autostima; può avere un’eccessiva insicurezza caratteriale che può sfociare in sintomatologie anche di tipo depressivo.
Proprio perchè il bullismo coinvolge due o più individui, per comprenderlo è necessario coglierne la natura relazionale, focalizzandosi non solo sui problemi del singolo ma sulla tipologia di rapporto creatasi tra bullo e vittima. Se gli episodi avvengono nel contesto scolastico, è opportuno considerare anche il ruolo giocato dagli spettatori (sostenitore del bullo, difensore della vittima, indifferente). La collaborazione tra scuola e famiglie, diventa essenziale.
Gli adulti, infatti, hanno il dovere di accompagnare il bambino/ragazzo nella crescita e un loro intervento per prevenire/affrontare situazioni del genere diventa necessario:
– non minimizzare il problema e monitorare;
– prestare attenzione ai vissuti emotivi;
– potenziare il dialogo e la comunicazione;
– sviluppare l’empatia e l’apprendimento di abilità sociali;
– favorire momenti di socializzazione positiva;
– dare rinforzi positivi rispetto ai buoni comportamenti;
– non disaprovvare la persona ma il comportamento negativo;
– responsabilizzare la vittima anziché iperproteggerla, aiutandola a trovare strategie adeguate, compreso il chiedere aiuto in caso di prepotenze, potenziandone l’autostima e l’autonomia;
– aiutare il bullo al cambiamento anziché punirlo, avendo in mente che è da aiutare oltre che da “fermare”.
Il bullismo crea disagio e sofferenza sia in chi lo subisce che in chi lo esercita: non stare fermi a guardare è un dovere dei grandi e un diritto dei piccoli.

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