“Una balena arenata, ecco come mi sentivo…”(1)
Quando si torna a casa, finalmente, con il proprio pargolo fra le braccia ci si immerge in una realtà nuova alla quale bisogna abituarsi. Dalle camere di ospedale sempre affollate di parenti… al deserto di casa.

Il desiderio di tranquillità e pace, di viversi questo momento in solitudine potrebbe tramutarsi ben presto in senso dell’abbandono. Non più “una madre fra le tante in reparto”, ma madre a casa propria, fra le mura della propria abitazione. Così silenziosa, così “esigente”, così poco ovattata rispetto a quanto ci si aspettasse. Una donna che diventa madre deve fare i conti con questo nuovo io appena nato, deve fare l’abitudine con i nuovi ritmi, con le nuove esigenze, con il suo nuovo orologio che non sempre dipende da lei…
Questi cambiamenti potrebbero generare paure e ansie che, se non affrontate ed esplicitate, potrebbero condurre alla depressione post partum. Dal punto di vista statistico: – Psicosi post partum 1 donna su 1000: forma grave di depressione che richiede misure mediche tempestive. – Maternity blues 70% delle donne: come da definizione winnicottiana, si intendono le prolungate e frequenti crisi di pianto, gli stati d’animo misto di tristezza e ansia che però tendono a scomparire nel giro di una quindicina di giorni. Non necessita di cure. – Depressione post partum 10% delle donne: presenta sintomi tipici della maternity blues più accentuati che si prolungano per lungo tempo (da qualche settimana a un anno).
La cura consiste nella somministrazione di antidepressivi e con la psicoterapia fino alla completa scomparsa dei sintomi. Più comune è il maternity blues anche se erroneamente non si fa distinzione e si parla sempre di crisi post partum.
È indispensabile riuscire a circoscrivere questa crisi nella prima fase e superarla per prevenire problematiche successive.
Una maternity blues immediatamente rientrata evita successive fasi di peggioramento. Il problema principale è che questa crisi è spesso associata al senso di vergogna che limita l’esternazione e il confronto con gli altri.
La vergogna di vivere un malessere interiore mentre tutto il mondo intorno continua a ripetere che si sta vivendo uno dei momenti più belli nella vita di una donna.
Ci si chiede se è giusto avere così tanta nostalgia della vita precedente, se questo senso di
inadeguatezza sia giusto, se è giusto pensare che non è proprio come ce lo aspettavamo… Prenderne coscienza, parlarne e confrontarsi rappresentano i primi passi verso un superamento efficace di questa delicatissima crisi emotiva.
Gli altri hanno un ruolo fondamentale in questo processo: essere presenti e porsi in condizione d’ascolto.
Ascoltare in modo efficace e partecipe, ascoltare per rendere “accolte” le nuove esigenze di neomamma, ascoltare per lasciar tempo allo sfogo altrui senza intromettersi, senza “interferire”… Questo l’unico modo per essere “altri significativi”.
È un periodo talmente particolare da rendere sempre più confusi anche i propri bisogni e le esigenze: difficile stare da sole, ma non ci sta bene neppure la casa invasa dai parenti; difficile fare da sole come principianti, ma insofferenti a ciò che dicono le altre madri, difficile vedere il proprio compagno come padre oltre che come partner perché ciò che fa come padre sembra sempre al di sotto del dovuto o dell’atteso… (2)
Gli altri assumono, in questa come in altre fasi delicate della vita, un ruolo indispensabile e importante: ad essere richiesto è l’ascolto autentico di chi sa dare spazio e accogliere l’altro per offrirgli un posticino nella propria storia individuale.
Non esiste una ricetta perfetta che vi permetterà di imparare ad essere un “altro significativo”.
C’è però un comune inizio per poter diventare tali: ASCOLTARE…
note fonte:
(1) Tratto dal testo “Di mamma in mamma”.
(2) Di mamma in mamma, p. 86.